venerdì 4 marzo 2011

FAMIGLIA (la famiglia e il viaggio)

Aspettavamo tutti sotto il palco. Quelli più giovani si trovavano tra le prime file. Bambini di due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove anni. I più piccoli li tenevano in braccio le madri, pronte a sollevarli in direzione del palco.
“adesso arriva papà” diceva qualcuna.
C'erano ragazzi di dieci, undici, dodici, tredici anni. Ragazze e ragazzi di quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciott'anni. Giovani dai diciannove ai trenta. Erano tutti di diverse nazionalità. Ma osservandoli, potevi notare nei loro volti dei tratti comuni.
Io avevo vent'anni allora. E avevo intorno gente dai trenta ai quarant'anni. Dai quaranta ai cinquanta, ai sessanta. Alcuni erano accompagnati dalle loro madri, persino uomini e donne di quarant'anni.
Aspettavamo tutti sotto il palco.
Qualche curioso si era mischiato alla folla, oppure scrutava da lontano quella moltitudine di persone. I più ne erano impressionati. E non solo fra i curiosi.
Anche per me era forte la meraviglia difronte a tutta quella gente. Osservandoli, più di tutto, mi piaceva scoprire nei loro volti i tratti comuni.
Ma ancora più forte per me, era trovarmi li in quel momento, quel giorno speciale.
Mi chiedevo se fossero venuti tutti. Mi chiedevo che cosa stessero provando in quei momenti. Mi chiedevo se certe cose che avevano caratterizzato la mia vita si fossero verificate anche nelle loro. Ma a loro no, non lo chiedevo. Era forte per me, trovarmi li.
La maggior parte di quelle persone non parlavano la mia lingua. Neanche capivo precisamente da dove provenissero tutti. Alcuni parlavano in inglese tra di loro, per fare conoscenza. Si ponevano domande, tentavano di rispondere. Forse sarebbero persino diventati amici. Li sentivo conversare con la coda delle mie orecchie. Ma io no. Io camminavo e continuavo a osservarli. Non dicevo una parola. Mi ponevo domande. Era forte lo stupore difronte alle persone che mi circondavano.
Nostro padre aveva fatto in modo che i più viaggiassero per arrivare a quell'incontro. Lui aveva girato il mondo nella sua vita. Tra le persone che si trovavano li quel giorno c'era chi proveniva dagli antipodi, di quel posto. Altri in confronto avevano dovuto percorrere solo pochi chilometri. Mi chiedevo quanti avessero voluto percorrerne, di chilometri.
Fu in quel momento che nostro padre salì sul palco. Era vecchio, aveva i capelli bianchi e diradati. Le rughe sul suo volto come le righe sul palmo di una mano. Andai subito a cercare sul suo viso i tratti comuni a tutta quella gente.
Lui afferrò il microfono e parlò in inglese. “do il benvenuto a tutti voi.” disse “non potete immaginare, quale sia la mia felicità nel vedervi così numerosi”.
Faceva freddo, nonostante la bella stagione. Mi chiedevo se ci fosse qualcuno li che non conoscesse l'inglese. Mi chiedevo se avrebbe capito ugualmente.
“vorrei abbracciarvi tutti” disse nostro padre “ma lo farò più tardi, se me lo permetterete. Ora ho alcune cose da dirvi.”
Ci osservò con pazienza. “sono felice di vedere che alcuni di voi siano venuti accompagnati dalle loro madri...e alcune madri dai propri compagni. Desidero tanto parlare con tutti voi. Sapere come siete arrivati fin qua.” osservò le montagne che ci circondavano. Eravamo tutti accampati li intorno. “sapere cosa ne pensate di questo angolo di mondo. Ma ci sarà tempo. Lo farò più tardi, se sarete d'accordo.”
Io ero d'accordo. Ma non lo dissi. Nessuno lo diceva, non forte. Lo sussurravano, lo pensavano, lo davano per scontato.
“ho fatto il giro del mondo” disse mio padre “ci ho impiegato quasi tutta vita. Ho cercato di conoscere, il più possibile, ogni posto in cui sono stato, quanto sentivo di averne bisogno. Ho cercato, il più possibile, di essere presente, in quei posti. E poi ho continuato ad andare. Il viaggio, è il mondo in cui sono stato più spesso” confessò quell'uomo anziano, nel cui volto riconoscevo i tratti comuni ai miei, e nei suoi occhi cercavo ogni luogo in cui si era trovato. Le sue spalle raccontavano dei tempi, i periodi, in cui aveva viaggiato.
“prima di tutto, voglio presentare a tutti voi una persona...lui è Edom. È con lui che vivo. Abbiamo una casa in un piccolo paese a poche ore di distanza da qua. È la persona più cara che ho. E io lo amo.” ci disse nostro padre mentre un uomo magrissimo e alto saliva sopra il palco. Era vecchio, ma il suo corpo continuava a dare l'idea di una perfetta efficienza. Anche mio padre sembrava possedere la stessa dote. Ma era molto meno evidente.
“salve a tutti. Sono estremamente felice di vedervi.” disse Edom sorridendo. E con lo stesso sorriso che pareva fisso dinanzi alla nostra presenza, si sedette in una poltrona che si trovava già sul palco e continuò a guardarci.
“potrete conoscerlo dopo, se lo desiderate.” disse nostro padre.
pensavate di trovarmi con una donna?” ci chiese “magari con una bellissima donna in attesa di un figlio” si fermò e bevve un sorso d'acqua. Si sedette, tenendo tra le mani il microfono.
“mi piacciono gli uomini” disse “mi sono sempre piaciuti.”
C'erano persone che non capivano. Non volevano. Ma nessuno se ne andò, credo. Mi chiedevo cosa si aspettassero. Non sapevo cosa stessero provando in quel momento.
“è vero.” disse nostro padre dal palco “ho fatto l'amore con un gran numero di donne. La maggior parte di loro ha avuto un bambino da me. Ma io, non ho fatto sesso solo con le donne dei posti dove sono passato. L'ho fatto anche con i giovani, i padri, e i mariti. E tornando indietro, lo rifarei ogni volta.”.
Edom continuava a sorridere.
“ho messo in grembo un figlio a tante donne. E poi, ho sempre continuato ad andare, a partire. Il mio desiderio di stabilità aveva sempre una precisa scadenza. Sempre diversa, ma arrivava tutte le volte.”
Molti tra quel pubblico continuavano a chiedersi come avesse potuto fare sesso con delle donne. Non è gay, dicevano. Altri sputavano a caso altre inadatte etichette sessuali. Io non mi facevo certe domande. Non dicevo una parola.
“qualche persona tra di voi, probabilmente sa di cosa parlo” disse nostro padre “ci tengo a dirvi che ho amato ogni donna che ho avuto nel tempo che loro hanno trascorso insieme a me, e il resto del tempo le ho portate tutte con me nel ricordo. Fino a questi posti, dove poi alcune sono arrivate davvero, in questa giornata stupenda.”
Cercavo negli occhi di mio padre tutto quello che aveva provato sino a quel momento.
“riconosco i volti di quelle che sono qui, nonostante il tempo che è passato, e sono riconoscente” disse “ho amato molti uomini durante il mio viaggio. Uomini di qualunque nazionalità, colore, lingua. Ma nessuno di loro è qui oggi a parte Edom. Quest'incontro è destinato a voi.”
Edom sorrideva, continuava a guardarci.
“ho conosciuto e ho amato tanti uomini. E poi, ho sempre continuato ad andare. Il viaggio, è stato il mondo che ho amato per tutta la mia vita. E il mondo, nel viaggio. Conosciuto attraverso i tempi, distinti per i posti, i luoghi, gli spazi.”
“ma voglio dirvi una cosa. Il motivo per cui non voglio più avere figli e il motivo per cui vi ho invitati qui oggi, è lo stesso.”
“avevo voglia di vedervi” ci disse nostro padre. “Ho voluto dare a tutti noi la possibilità di conoscerci. Per questo mi sono impegnato negli ultimi cinque anni per rendere possibile questo incontro. Un incontro che può durare per ognuno di voi, quanto ognuno di voi desidera”. Sorrise. Mio padre, sembrava tenesse in mano il tempo. Con la serenità dei suoi settantasette anni.
Avevo camminato a lungo per arrivare fin lassù. Ero partito da casa tre mesi prima. Avevo salutato mia madre. Avevo salutato la mia ragazza. Avevo attraversato diversi stati. Ma i tre mesi che avevo a disposizione per arrivare mi erano sembrati ogni posto più stretti. I giorni sempre più corti. Le notti, giuste per dormire, di solito.
Avevo incontrato vecchi e bambini, avevo visto i luoghi. Giovani e adulti, avevo provato a conoscerli. Uomini e donne. Di donne ne avevo amato qualcuna. A ciascuna di loro, avevo tentato di lasciare qualcosa dentro. Ognuna di loro l'avevo portata con me nel ricordo. Perennemente intrecciato a quello dei posti dove ero stato. Avevo attraversato diversi stati, tirato da una una data da rispettare e un posto. Un incontro.
Nostro padre aveva fatto in modo che i più viaggiassero per arrivare fino a quel giorno, in quel luogo. Lo aveva suggerito, mi era sembrato, espressamente. Con la serenità dei suoi settantasette anni.
Volevo dirgli quanto fosse bello quello che lui aveva fatto, e quanto fosse bello averci voluto raccogliere in quei giorni, a decine, a guardarci. Volevo ringraziarlo, per tutto quello che mi ha insegnato. Immaginavo le sue giornate trascorse al fianco di quell'anziano magrissimo che ci guardava senza smettere di sorridere. Avrei voluto parlarci. Avrei voluto dirgli quanto averlo come padre mi rendesse felice. Ma più di tutto, in quel momento, sentii il bisogno di partire, che non puoi mai sapere quando, ma arriva tutte le volte.
Come mio padre, il viaggio era il mondo dove volevo andare, e il mondo nel viaggio.

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